L'Aquila. Basilica di Collemaggio. Rosone principale. XIII-XIV secolo

mercoledì 19 gennaio 2011

Salome a Firenze


Tempi di crisi, mini stagioni. Si apre la fiorentina stagione 2010 dalla durata di tre mesi con la Salome di Strauss, opera in un atto dal travolgente carico emotivo andata per la prima volta in scena nel 1905 a Dresda e che torna a Firenze per la sesta volta nella versione tedesca di Lachmann. Robert Carsen firma una regia di un allestimento andato visto già qualche anno fa al Regio di Torino, le cui scene sono firmate da Radu Boruzescu e i costumi da Miruna Boruzescu, che dalla Giudea biblica ci porta a sprofondare nelle viscere di un caveau d’un casinò di Las Vegas, luogo di corruzione e perdizione, attributi che caratterizzano la corte di Erode così come sapientemente ci viene tramandata dalla penna di Oscar Wilde, dalla quale Strauss ne attinge direttamente: momenti erotici, una “pioggia d’oro” che cade dalle cassette di sicurezza, una serie di televisori di telecamere a circuito chiuso riflettono al teatro la loro luce gelida, peccaminosa. A destra una cassaforte tonda che fa da prigione di Giovanni; da essa un fascio di luce alle ammonizioni del Battista di caravaggesca memoria. Buone le voci dal timbro profondo e velato dell’Herodes di Kim Begley al vellutato Jachnaan di Mark S. Doss, dall’Herodias di Irina Mishura alla Salome di Janice Baird che ha in merito anche un’ottima prestazione attoriale. La “danza dei sette veli”, si sa, è sempre il momento più atteso. Salome, da adolescente innamorata si muta in matura meretrice tanto da sfidare la matrigna in bellezza e sfrontatezza, e prima che il “rito” si concluda con uno sguardo di sfida viscerale tra le due donne, il quadro viene rivisitato da Carsen come danza orgiastica senile, con setti vecchi (invece dei veli) che desiderano in modo animalesco le carni della giovane principessa. Il terribile pegno fa tornare coi piedi a terra Erode che in preda all’angoscia di un’imminente punizione divina ordina di uccidere “quella donna”. I conviviali del tetrarca eseguono l’ordine e impugnano una pistola che puntano non contro Salome, ma contro Erodiade: è il momento dello sparo a cui dà voce il forte ultimo accordo dell’orchestra ottimamente diretta dello specialista Ralf Weikert in sostituzione di Paolo Carignani: è la morte in scena, in teatro piomba il buio, la musica si spegne. Alla fine applausi smorzati e cast accolto molto freddamente da un pubblico fiorentino distante e disorientato in una serata tutt’altro che da prima apertasi da un comunicato letto in sala dalle sigle sindacali col quale si è espressa solidarietà al Teatro Carlo Felice di Genova in merito alle gravissime vicende sindacali che lo interessano, ma poco conta, visto che nella serata della diretta su Radio 3 il teatro è quasi venuto giù dai fischi alla regia.
Firenze, Teatro Comunale. Il 7 ottobre 2010.

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