L'Aquila. Basilica di Collemaggio. Rosone principale. XIII-XIV secolo

sabato 18 settembre 2010

Il Vespro di Monteverdi a Pisa

Venerdì 17: giorno di jella, riti scaramantici, superstizione. Il venerdì 17 Settembre 2010, però, è giorno musicalmente fortunato (compreso il sottoscritto, da buon terrone). Per la prima volta ho la gioia di assistere dal vivo ad una delle opere più belle che siano mai state concepite da mente umana: il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, in un contesto altrettanto straordinario quale può essere quello della Cattedrale di Pisa. Il concerto, che giunge per i 400 anni dalla pubblicazione dell’opera, è il secondo appuntamento del ciclo “Anima Mundi”, giunto quest’anno alla sua decima edizione e che vanta di un premio Abbiati della critica musicale italiana nonchè della direzione artistica di Sir John Eliot Gardiner. La rassegna vede alzare il sipario in Cattedrale il 15 settembre con l’esecuzione da parte degli English Baroque Soloists del commovente Stabat Mater di G. B. Pergolesi del quale si celebra il trecentenario  dalla nascita. Trasferta al Camposanto Monumentale il 18 Settembre per Le Jongleur de Notre Dame”, opera di Peter Maxwell Davies, narrante una leggenda medievale di un giovane giocoliere che viene accettato in convento e che altro non ha da offrire alla statua della Vergine se non la sua destrezza, criticata dagli altri monaci, ma gradita alla statua della Madonna: parabola che racchiude un messaggio di tolleranza e accettazione, perfettamente adatto al periodo storico in cui viviamo. Ancora presso il Camposanto, il 21 Settembre per un concerto che celebra i 250 anni dalla nascita del fiorentino Luigi Cherubini del quale si eseguono il Quartetto per archi n. 2 in Do maggiore e una miscellanea di sue musiche. Il 25 Settembre il ritorno in Cattedrale è segnato dall’esecuzione di brani sacri di Igor Stravinskij e dei “Responsoria” di Carlo Gesualdo con l’Orchestra Giovanile Italiana della Scuola di Musica di Fiesole. La serata del 29 Settembre è dedicata al brano vincitore del III Concorso di composizione “Anima mundi”: l’“Ave stella maris”, in prima esecuzione assoluta, del contemporaneo Girolamo Deraco con il Coro Musica Nova di Roma e della Cappella Tiberina. Chiusura il 1° Ottobre con i “Vespri” di Sergeij Rachmaninov interpretati dalla Cappella di Stato di Mosca diretta da Valery Poliansky.
Tra gli eventi di contorno sono da menzionare una lectio di Mons. Marco Frisina e una conversazione di Sir John Eliot Gardiner con il critico musicale Sandro Cappelletto che coronano l’evento del 17 Settembre, oggetto di questa trattazione, in cui particolarmente interessante è la continua ricerca di sonorità filologica che si vuole perseguire in quest’esecuzione. Le parti strumentali del Vespro sono scritte per violino e cornetto mentre la composizione del ripieno non è specificata dall'autore. Altrettanto non sono specificate le parti di canto piano e antifona da inserire fra i salmi ed il conclusivo Magnificat. Questo fa si che gli esecutori modifichino l'opera secondo l'organico che hanno a disposizione. L’organico strumentale, in questo concerto, è così composto: due violini, due viole, una viola da gamba, un violoncello, un contrabbasso, tre flauti, una dulciana, tre cornetti, tre tromboni, un organo, un clavicembalo e tre tiorbe (il coro è invece composto da undici soprani, sette contralti, sette tenori e sette bassi). La sequenza dei brani rispecchia direttamente quella voluta dal compositore eliminando tutte quelle aggiunte sia vocali che strumentali che si sono avvicendate nel corso dei secoli, frutti di vari modi di intendere l’opera che della continua riflessione musicologica che essa genera nella sua complessa globalità.
Protagonisti dell’evento sono il “Monteverdi Choir” e gli “English Baroque Soloist”, entrambe tra le formazioni più apprezzate al mondo per l’esecuzione del repertorio che va dal Rinascimento al Classicismo. La complesso corale può vantare della bellissima esperienza del “Bach Cantata Pilgrimage” del 2000 in cui sono state eseguite tutte le cantate di J. S. Bach in  più di sessanta chiese di tutt’Europa  per celebrare il 250° anniversario della morte del compositore. Quest’anno (2010) stanno portando in tournée la Sinfonia n. 9 di Beethoven (insieme alla London Symphony Orchestra), la Messa in Si minore di J. S. Bach, e il Vespro di Monteverdi di cui Pisa ne è una delle tappe principali della loro tournée. La formazione strumentale, invece, oltre ad aver partecipato insieme al Monteverdi Choir al “Bach Cantata Pilgrimage”, eccelle per l’esecuzione integrale dei Concerti Brandeburghesi di Bach a Londra e Parigi nel 2009, oltre che per varie applaudite tournée eseguendo “La creazione” e “Le stagioni” di Haydn e le Suites per orchestra di Bach. La bacchetta è invece affidata alle mani di Sir John Eliot Gardiner, uno dei direttori d’orchestra più versatili del nostro tempo, nonché riconosciuto come figura chiave dell’interpretazione filologica della musica antica, fondatore delle formazioni sopra citate e della Orchestre Révolutionnaire et Romantique. La vastità del repertorio del maestro è dimostrata dalle oltre duecentocinquanta  registrazioni per le case discografiche europee e dai numerosi riconoscimenti internazionali. Nel 1987 ha ricevuto un Honorary Doctorate dall’Università di Lione e nel 1996 è stato nominato Commandeur dans l’Ordre des Arts et des Lettres. Nel 1992 è divenuto Honorary Fellow sia del King’s College di Londra che della Royal Academy of Music. Nel 1998 ha ricevuto la nomina di cavaliere nella Lista delle Onorificenze per il compleanno della Regina. Nel 2006 ha ricevuto a Cremona la Laurea Honoris Causa in Musicologia dall’Università di Pavia. Nel 2008 è stato insignito del prestigioso Bach Prize della Royal Academy of Music – Kohn Foundation. 
Dopo il calare del silenzio fra il pubblico presente in Duomo, un tenore invoca suggestivamente dalla balaustra di controfacciata il “Deus in adiutorium” a cui risponde il coro e tutta l’orchestra, in piedi, con l’imponente “Domine ad adiuvandum”, durante il quale risuonano anche le note di “L’Orfeo”, concludendosi nella serie di “Alleluia” a mo’ di danza corale. Segue l’esecuzione dei cinque salmi, “Dixit Dominus”, “Laudate pueri”, “Laetutus sum”, “Nisi Dominus” “Lauda, Ierusalem”, gustando a pieno del sunto più profondo della tecnica compositiva monteverdiana insieme all’interpretazione che ne da Gardiner, interpretazione fatta di leggerezza e compostezza ammirevoli. Momenti particolarmente interessanti quanto emozionanti si hanno durante l’esecuzione dei concerti-mottetti: il “Nigra sum”, il “Pulchera est” e l’“Audi coelum” vengono eseguiti da solisti vocali accompagnati da una o due tiorbe sul Pulpito di Giovanni Pisano valorizzando, in tal modo, sia il superbo capolavoro della scultura italiana, ma anche il solenne mosaico col Cristo Pantocratore del catino absidale che adesso fa da degno sfondo a questi brani. Il “Duo Seraphim”, invece, è eseguito da tre cantori accompagnati dalle tre tiorbe direttamente dalla balaustra di controfacciata col coro accompagnatore sul palco (allestito a metà navata centrale) mentre Gardiner è impegnato nella direzione direttamente dal podio: è questo uno dei momenti di maggiore carica suggestiva perché il dialogo fatto di gesti e di suoni che si viene a creare, unendo direttore e soli, attraversa tutta la basilica. Mentre i tre coristi paiono quasi vere e proprie entità angeliche, lo sguardo è portato a posarsi sui matronei, sulle colonne e i loro capitelli, sul loro gioco arabizzante di pieni e di vuoti, che lasciano intravedere, in fondo al transetto destro, la tomba dell’Imperatore Arrigo VII, giungendo sulla figura del direttore che ora appare solitaria e, essendo rivolta verso il pubblico, dà modo di notare con quanta grazia la musica prende vita dai movimenti e dai gesti delle mani fatti di un tale amore, di una tale grazia che è difficile riscontrare altrove: è inevitabile constatare che in questa serata magicamente concorrono in bellezza la sublime architettura musicale monteverdiana e il superbo spartito monumentale della primaziale pisana! Nella “Sonata sopra Sancta Maria, ora pro nobis” si ha modo di aver piacere soprattutto della sapiente tecnica di scrittura strumentale del compositore cremonese, oltre che del buon timbro e della perfetta coloratura di strumentisti e di voci femminili del coro. Il seguente “Ave maris stella”, musica di indiscussa celestialità, è un altro momento particolarmente intenso, caratterizzato da giochi di sguardi e soprattutto di movimento. Il coro si trasferisce, insieme al direttore e parte dell’orchestra, nell’abside maggiore rimanendo volutamente nascosto dal palco: è in questo contesto che vengono intonate le prime battute paradisiache del brano dando l’effetto di un vero e proprio miracolo, di una musica divina proveniente dal nulla (o direttamente dallo splendore del Duomo?); di seguito il gruppo strumentale si sposta sotto la cupola e, mentre esegue un intermezzo, metà del coro va a posizionarsi all’altare del transetto destro, mentre l’altra metà all’altare di quello sinistro, creando un altro effetto suggestivo vedendo le figure dei cantanti muoversi tra le colonne e il ludico delle ombre e delle luci soffuse. Quando il primo coro conclude il suo pezzo l’orchestra torna ad intonare un altro intermezzo durante il quale si intravede Gardiner attraversare tutto il transetto, da un estremo all’altro, e giunto, ecco che l’altro coro intona il pezzo conclusivo del brano. Il Magnificat finale è intonato a pieni coro e orchestra con tutti i componenti ormai tornati sul palco, mentre i solisti vocali li ritroviamo ancora sul pulpito del Pisano accompagnati ora, oltre che da tiorbe, anche da cornetti e flauti dolci. Infine, il Gloria è annunciato a tutta l’assemblea, ancora dal pulpito, dal tenore al quale ne risponde un secondo all’interno dei matronei generando il bellissimo effetto di eco (tecnica tanto apprezzata dalla civiltà barocca), ancora una volta nascosto alla vista al fine di rendere una sensazione di indefinito, di musica autogeneratasi. Terminata l’esecuzione il pubblico saluta in piedi con dieci minuti d’uno scrosciante tripudio d’applausi al quale Gardiner risponde facendo alzare le prime parti e poi tutti gli esecutori con una mimica gestuale con la quale pare ancora voler dirigere.
Coll’anima ormai sazia dopo un convivio di abbondante meraviglia, un’ultima emozione m’è offerta alla vista dei Miracoli di Pisa che col loro bianco si stagliano dal verde del prato, come faraglioni nel mare sul quale è scesa la notte che tutto avvolge colla sua quiete. Quale dolcezza al cuore è l’ammirare quei monumenti che paiono essere giunti in questo mondo da un’altra dimensione, come concepiti un’intelligenza altra rispetto a quella umana; una tale sensazione dechirichiana pervade l’animo constatando la solennità dei monumenti che perennemente dialoga con quel silenzio metafisico che li segna, un silenzio unico al mondo che si percepisce nonostante gli schiamazzi della gente e il rombo delle auto. E così, quando ormai l’ora è tarda, la bandiera con la croce di Pisa ancora sventola al vento della notte su quella torre la cui bellezza sfida in ogni istante le ferree leggi della statica: verso casa ci si muove, dunque,  lasciando alle spalle quello che resta dello sfolgorante splendore della Repubblica Marinara Pisana decaduta e dimenticata ovunque, ma che solo lì continua a vivere e ad abbagliare perennemente.
Pisa, Cattedrale. Il 17 Settembre 2010.

1 commento:

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