L'Aquila. Basilica di Collemaggio. Rosone principale. XIII-XIV secolo

venerdì 24 settembre 2010

Porgy and Bess inaugura la Stagione autunnale 2010 del Maggio


È all’insegna della musica di George Gershwin l’ inaugurazione della stagione autunnale 2010 del Maggio Musicale Fiorentino. Un evento atteso dalla vita culturale cittadina, soprattutto da noi studenti universitari, che in quest’occasione beneficiamo di una particolare agevolazione grazie alla quale, presentando il libretto universitario in biglietteria, abbiamo il diritto di ingresso a soli 5 €. Un atto voluto dalla nuova sovrintendente, l’ingegner Francesca Colombo che è all’inizio del suo nuovo mandato. Una nuova iniziativa rivolta ai giovani che si aggiunge a quelle già in atto come le emissioni delle MaggioCard o i corsi di MaggioFormazione. E’ la sera del 21 Settembre e su Firenze il cielo è argentato dal pallore di luna. Corso Italia pullula d’una folla insolita, decisamente più vivace rispetto al solito. Al flaneur che giunge dal Consolato Statunitense l’entusiasmo che si sprigiona da quell’angolo di città è sinonimo di evento fuori dall’ordinario. Non ci vuole molto a capire che la facce sono per la stragrande maggioranza di giovani e giovanissimi, molti dei quali per la prima volta nell’imminenza di attraversare la soglia di un tempio della musica. A questo punto vorrei fare una considerazione. Quello a cui si assiste nella serata inaugurale del Maggio è indicatore del fatto che la musica cosiddetta “classica” non è “musica per vecchi”. Molti di noi frequentano l’università, la gran parte sono per di più fuori sede. La vita universitaria non è facile, soprattutto economicamente parlando: le tasse universitarie, i libri e gli affitti sono spese non indifferenti per ogni famiglia che alle volte, troppe volte, è costretta a cercare appartamenti in nero, libri usati e via dicendo, mentre gli studenti stessi non aborriscono ad andar a cercare un lavoro serale per non gravare più di tanto sull’economia dei genitori. Ora, chiunque di noi, trovandosi in una condizione come appena illustrata, consultando i prezzi di uno spettacolo d’opera, che molto facilmente toccano le tre cifre, si trova nell’impossibilità materiale di assistere ad esperienze del genere. Con questo non voglio dire certo che la popolazione studentesca (o giovanile in generale) debba essere privilegiata, ma voglio solo far osservare che se i teatri sono poco frequentati dai giovani, la causa non è da ricercare nella mancanza di interesse, ma nell’impossibilità di sostenere costi che valgono al pari d’un mese di mensa universitaria. Io personalmente mi posso permettere di frequentare molto i teatri della mia città grazie ad una ferrea e capillare politica di risparmio che dura tutto l’anno, ma non tutti sono fanatici come me e nel trovarsi a scegliere cosa fare questa o quella sera ecco che gli entusiasmi precipitano a picco se, avendo deciso per il teatro, si sono appena consultati i prezzi d’ingresso. Il pienone che si è visto al Comunale, dunque, dovrebbe far riflettere anche in questo senso, oltre a infondere la solite quanto conformistiche fiducie di turno nei giovani e nel futuro e chiacchiere del genere. Detto questo passerei a trattare dello spettacolo. Una selezione di brani da “Porgy and Bess” è il programma del concerto che è stato diretto da Wayne Marshall. Orchestra e coro al gran completo e in grande forma, mentre una semplice tenda faceva da quinta impedendo la vista alle scene (che sbucavano ai lati) dell’imminente Salome che va in scena ad ottobre (a mio parere se si fossero lasciate a vista tali scene, che tra l’altro hanno un loro particolare interesse, non sarebbe stato male, anzi). Una folk-opera, come è stata definita dallo stesso autore, è Porgy and Bess, talmente unica da essere un trade-mark  registrato. Dopo un primo tentativo infruttuoso di comporre un’opera, Gershwin rimane colpito dal romanzo “Porgy” di Edwin DuBose Heyward che descrive la vita degli afroamericani a Charleston, nel South Carolina, alla fine degli anni ’30. Lo stesso Heyward scrive il libretto mentre la stesura della partitura inizia nel 1932 e dura per almeno tre anni: un tempo abbastanza lungo dovuto ai continui impegni del compositore e ad una approfondita documentazione del folklore afroamericano che lo portano a consultare parecchi volumi e a trasferirsi per qualche tempo in South Carolina per vivere sulla pelle la cultura Gullah apprendendone, nel contempo, il suo dialetto, lingua onnipresente nel libretto. L’anteprima andò in scena a Boston il 30 settembre 1935. Tuttavia per esigenze di programmazione in vista del debutto a Broadway, Gershwin fu costretto a fare diversi tagli che ridussero lo spettacolo a poco più di tre ore. Qualcuno considera l’edizione di Broadway come quella canonica, in realtà l’unica versione filologicamente corretta è quella di Boston. Il successo di pubblico fu buono, mentre la critica si divise sul fatto se considerare il lavoro un’opera o un musical ed è questo il problema principale sul quale si discute tutt’oggi. Fatto sta che grazie a questo capolavoro Gershwin si è guadagnato la nomina onoraria presso l’Accademia di Santa Cecilia di Roma appena prima della morte. Wayne Marshall, che ho avuto modo di apprezzare già come virtuoso all’organo grazie a un concerto tenuto in Duomo la scorsa primavera, ha saputo ben calarsi nell’atmosfera più profonda scegliendo inevitabilmente solisti dalle voci nere per un repertorio nero e avvalendosi anche di un pianoforte a portata di mano dal suono antico e tipico dei famosi saloon da Far West. A fine serata si esce dal teatro coscienti del fatto che questa nuova stagione è partita di sicuro col piede giusto, quindi il viaggio di ritorno a casa è una dolce passeggiata per Firenze sui lungarni al chiaro di luna.
Firenze, Teatro Comunale. Il 21 settembre 2010.

1 commento:

  1. bel post, mio caro Tristan aggiungo solo che senza quel brutto telone alle spalle del coro non ci sarebbe stato un fondale che potesse raccogliere le voci che si sarebbero disperse.
    In prima mandata e solo per mancanza di spazio visto le scene di Salomè gia piazzate sul palcoscenico, avevano messo un fondale di velluto che si mangiava tutto il suono così dopo varie disussioni il risultato è stato quello che hai visto, sì brutto ma più efficace.
    (non hai detto se ti è piaciuta l'esecuzione ;o)

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